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Psicologa Cento e Ferrara2024-09-22T20:39:54+00:00

Dott.ssa GIORGIA FABBRI

Psicologa Psicoterapeuta

specializzata in Psicoterapia Breve Strategica

“Nessuno è migliore di qualcun altro,

ognuno è speciale a modo suo”

Forrest Gump

Psicologa Psicoterapeuta Strategica a Cento Ferrara
Dottoressa Giorgia Fabbri Psicologa Psicoterapeuta Strategica a Cento Ferrara

Nel 2000 ho conseguito la laurea in Psicologia Clinica e di Comunità presso la Facoltà di Psicologia dell’Università degli Studi di Padova. In seguito mi sono specializzata in PSICOTERAPIA BREVE STRATEGICA alla Scuola di Specializzazione quadriennale in Psicoterapia Breve Strategica presso la sede di Arezzo, diretta dal Prof. Giorgio Nardone. Ho così appreso dal mio grande Maestro “ l’arte del risolvere complicati problemi attraverso apparentemente semplici soluzioni”. Dal 2006 sono Psicoterapeuta Ufficiale e Ricercatore associato alla sezione clinica del Centro di Terapia Strategica.

Esercito la libera professione dal 2004 presso i miei studi di CENTO e FERRARA. Mi occupo di:

  • psicoterapia per la soluzione in tempi brevi di numerosi disturbi di tipo psicologico, psicopatologico e relazionale
  • consulenza breve rivolta a singoli, coppie e famiglie
  • consulenza in ambito educativo (scuola, insegnanti, educatori, studenti)
  • mediazione familiare in caso di separazione e divorzio
  • consulenza tecnica in caso di separazione e divorzio

Ho inoltre conseguito nel 2016 l’attestato di Mediatore Familiare Sistemico attraverso un corso biennale (riconosciuto dall’Associazione Internazionale Mediatori Sistemici – AIMS) presso l’Istituto di Terapia Familiare di Bologna.

Sono iscritta all’Albo degli Psicologi della Regione Emilia-Romagna dal 6/09/2001 con il n. 2711 ed abilitata all’esercizio della Psicoterapia.

Dottoressa Giorgia Fabbri

LA TERAPIA BREVE STRATEGICA

“Per quanto una patologia possa essere sofferta, complicata e persistente per anni non è detto che la soluzione terapeutica debba essere altrettanto sofferta e prolungata nel tempo”

Paul Watzlawick

Quando si parla di disturbi mentali o di disagio psicologico, si è soliti pensare a interventi psicoterapeutici a lungo termine, complessi e molto costosi. In realtà con la Terapia Breve Strategica si ottiene l’estinzione in tempi rapidi di problematiche radicate anche da molto tempo.
La Terapia Breve Strategica è un modello di intervento innovativo, originale, chiaro in costante evoluzione sulla base della ricerca empirica. Si differenzia significativamente da tutti gli altri approcci di psicoterapia tradizionali in quanto è:

  • breve e focale:
    s
    i tratta di un intervento terapeutico breve (intendendo per “breve” al di sotto delle 20 sedute) che si occupa, da una parte, di eliminare i sintomi o i comportamenti disfunzionali per i quali la persona è venuta in terapia, dall’altra, di produrre il cambiamento delle modalità attraverso cui questa costruisce la propria realtà personale e interpersonale. Si concentra inoltre su un obiettivo concreto di cambiamento concordato congiuntamente con il terapeuta.
  • radicale:
    in quanto, oltre al superamento del sintomo, mira a ripristinare nella persona un nuovo equilibrio e a mantenerlo nel tempo.
  • efficace:
    in quanto grazie all’applicazione di un rigoroso metodo di ricerca empirico-sperimentale, mira a produrre cambiamenti e miglioramenti significativi, sostanziali e duraturi.
  • non farmacologica:
    poiché si realizza solo con metodi psicologici e senza l’utilizzo di farmaci.
  • flessibile:
    costruita sulle caratteristiche del problema e pertanto applicabile a situazioni differenti, non solo patologiche, ma anche relazionali, lavorative, educative, sociali.
  • consigliata soprattutto per tutti i disturbi psicologici che creano forti impedimenti, ovvero caratterizzati da una sintomatologia acuta e persistente.
  • esercitata da psicologi o medici, iscritti all’albo, specializzatisi con un diploma post-laurea quadriennale presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Strategica (riconosciuta dal MIUR).

COME FUNZIONA

Tutto ciò che può essere fatto con poco, invano viene fatto con molto”

(G. da Occam)

A differenza delle tradizionali teorie psicologiche e psichiatriche, un terapeuta strategico non utilizza nessuna teoria sulla “natura umana” e, di conseguenza, nemmeno definizioni relative alla “normalità” o “patologia” psichica. Viene quindi abbandonata l’impostazione classica, basata su un modello medico, secondo cui la terapia comincia solo dopo che è stata effettuata una diagnosi. Tale impostazione, irrinunciabile in medicina, diventa un fattore controproducente nella terapia breve strategica, dove vale il principio “si conosce un problema mediante la sua soluzione”. In altre parole, è solo dopo che è stato risolto il problema che è possibile, retrospettivamente, stabilire quali erano i meccanismi che ne avevano determinato la sua costruzione.

In quest’ottica ci interessa la “funzionalità” o “disfunzionalità” del comportamento delle persone e del loro modo di rapportarsi con la propria realtà. Concetto chiave in terapia strategica diviene quello di tentata soluzione.

“E’ con le migliori intenzioni che il più delle volte si ottengono gli effetti peggiori”

Oscar Wilde

Quando ci troviamo di fronte a una difficoltà – sia essa personale, relazionale o professionale – la prima cosa che ci viene da fare per risolverla è utilizzare una strategia che ci appare produttiva, magari perché ha funzionato nel passato per una difficoltà simile. Se la strategia scelta funziona, la difficoltà si risolve in breve tempo. Capita però talvolta che la nostra strategia non funzioni come ci saremmo aspettati e che questo ci porti a intensificare ulteriormente i nostri sforzi in quella direzione, dal momento che la soluzione pensata ci appare ancora la più logica, ovvia, o la unica possibile. Ma più applichiamo questa strategia più la difficoltà iniziale sembra non solo non risolversi, ma addirittura complicarsi, trasformandosi in un vero e proprio problema strutturato.
In questi casi, sono proprio gli sforzi che la persona compie in direzione del cambiamento a mantenere la situazione immutata, ovvero: le “tentate soluzioni” messe in atto dal soggetto e dalle persone a lui vicine per cercare di risolvere il problema finiscono per alimentarlo e determinarne così la persistenza.
Questi tentativi di soluzione sono spesso riconosciuti dalla persona stessa come non funzionali, ma nonostante questo ella non riesce a fare altrimenti, sviluppando così una radicata sfiducia nella possibilità di un cambiamento della propria situazione problematica.

“La ricerca dei colpevoli, ammesso che si trovino, fuorvia la ricerca delle soluzioni”

Giorgio Nardone

Da un punto di vista strategico, quindi, per cambiare una situazione problematica non è necessario svelarne le cause originarie (aspetto sui cui, peraltro, non si avrebbe più alcuna possibilità di intervento), ma lavorare su come questa si mantiene nel presente, grazie alla ridondante ripetizione delle “tentate soluzioni” adottate.
Per questo motivo, il terapeuta strategico si focalizza fin dal principio della terapia, sul rompere questo circuito vizioso che si è venuto a stabilire tra le tentate soluzioni e la persistenza del problema, lavorando sul “presente” piuttosto che sul “passato”, su “come funziona” il problema, piuttosto che sul “perché esiste”, sulla ricerca delle “soluzioni” piuttosto che delle “cause”.

Scopo ultimo dell’intervento terapeutico diviene così lo spostamento del punto di osservazione del soggetto dalla sua posizione originaria rigida e disfunzionale (che si esprimeva nelle “tentate soluzioni”) ad una prospettiva più elastica e funzionale, con maggiori possibilità di scelta.
In questo modo, la persona acquisisce la capacità di fronteggiare i problemi senza rigidità e stereotipia, sviluppando un ventaglio di diverse possibili strategie risolutive.

Per raggiungere questo obiettivo nella maniera più efficace e rapida possibile, l’intervento strategico è di tipo attivo e prescrittivo e deve produrre risultati a partire già dalle prime sedute. Le mosse del terapeuta consistono, per la gran parte, nella prescrizione di compiti che il paziente deve svolgere al di fuori della seduta; essi sono finalizzati al raggiungimento di obiettivi concreti, stabiliti fin dalla prima seduta, di comune accordo con il terapeuta. Se questo non avviene, il terapeuta è comunque in grado di modificare la propria strategia sulla base delle risposte date dal paziente, fino a trovare quella idonea a guidare la persona al cambiamento definitivo della propria situazione problematica.

“Il vero viaggio di scoperta non è vedere nuovi mondi, ma cambiare occhi”

Marcel Proust

Giorgia Fabbri

CENNI STORICI SULLA TERAPIA STRATEGICA

“Non c’è una buona pratica senza una buona teoria”

Leonardo Da Vinci

L’approccio strategico ai problemi personali e interpersonali è nato e si è sviluppato all’interno del contesto della psicoterapia.

Trae le sue origini dalla teoria della comunicazione di Gregory Bateson; dagli sviluppi costruttivisti dell’epistemologia cibernetica, maturati da Heinz von Foerster ed Ernst von Glasersfeld; dagli studi di Milton Erickson sulla suggestione ipnotica. Si deve poi a Paul Watzlawick e ai ricercatori del Mental Research Institute di Palo Alto, l’opera di approfondimento e sistematizzazione dei principi teorico-applicativi della comunicazione nei suoi aspetti pragmatici e terapeutici.

Un ulteriore contributo innovativo è stato portato da Giorgio Nardone, allievo del grande Watwlawick, che dagli anni ’80 si occupa della messa a punto di specifici protocolli di intervento per specifici problemi clinici (attacchi di panico, fobie, ossessioni – compulsioni, disordini alimentari, depressione, disturbi sessuali) mediante una rigorosa procedura di ricerca empirico-sperimentale nota come “ricerca-intervento”.

La stretta collaborazione tra Paul Watzlawick e Giorgio Nardone diede vita nel 1987 alla fondazione del Centro di Terapia Strategica di Arezzo, quale istituto di di ricerca, training e Psicoterapia, per lo sviluppo e l’evoluzione del modello della Scuola di Palo Alto verso una tecnologia terapeutica più avanzata. Nel 1990, con il primo libro di Giorgio Nardone e Paul Watzlawick, “L’arte del cambiamento” diventato un best seller della Psicoterapia, nasce la moderna evoluzione della Psicoterapia Breve Strategica. Qui vengono presentati per la prima volta i protocolli di trattamento per i disturbi fobici e ossessivi- compulsivi, ovvero delle sequenze di tattiche e manovre che, applicate durante la terapia con queste problematiche, ne favoriscono la soluzione in tempi brevi.

Questo modello evoluto di terapia è stato esposto dettagliatamente da Giorgio Nardone e dai suoi collaboratori anche negli anni successivi e per altre problematiche (disturbi alimentari, depressione, disturbi sessuali) in numerose opere, tradotte nelle principali lingue europee.

LA TERAPIA BREVE STRATEGICA SPIEGATA DA GIORGIO NARDONE

(durata 26,15 minuti)

“Se c’è un problema c’è anche la sua soluzione”

G. Nardone

  • Le radici teoriche dell’approccio strategico: Sofisti e Scuola di Palo Alto con Paul Wazlawick, pragmatica della comunicazione umana e teoria della comunicazione. Come dice Bateson: “Non c’è nulla di più pratico di una buona teoria”.
  • La costruzione di Protocolli specifici di trattamento per i vari disturbi.
  • Le Tentate Soluzioni che alimentano il problema nel Disturbo da Attacchi di Panico. “La realtà non è ciò che ci accade, ma ciò che facciamo con ciò che ci accade” (A. Huxley).
  • Le leve del cambiamento in Terapia Breve Strategica: suggestione ipnotica e stratagemmi terapeutici costruiti ad hoc per le varie forme di psicopatologia.
  • La relazione terapeuta/paziente è di tipo dialogico, ovvero incontro e scambio tra due intelligenze.
  • Un esempio di stratagemma: il controrituale “Se fai 1 fai 5” per i disturbi ossessivi-compulsivi.
  • Efficacia ed efficienza della Terapia Breve Strategica e i suoi vari ambiti di applicazione.

Disturbi Trattati

EFFICACIA

Dati relativi ai casi di successo in Terapia Breve Strategica

La Terapia Breve Strategica di Giorgio Nardone è riconosciuta come best practice per alcune importanti psicopatologie, tra cui i disturbi fobico-ossessivi e disturbi alimentari.

La statistica si riferisce alla valutazione dell’efficacia dei trattamenti terapeutici svolti presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo e dagli Psicoterapeuti Ufficiali nell’arco di 15 anni su oltre 10.000 casi trattati.

DISTURBI D’ANSIA 95%
DISTURBI OSSESSIVI-COMPULSIVI 89%
DISORDINI ALIMENTARI 83%
DISTURBI SESSUALI 91%
DEPRESSIONE 82%
PROBLEMI INFANZIA E ADOLESCENZA 82%
PROBLEMI RELAZIONALI 82%
DISTURBI LEGATI ALL’ABUSO DI INTERNET 80%
(Fonte: Nardone, Balbi, 2008)

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FAQ

Per chi è indicata la Terapia Breve Strategica?2018-04-21T13:31:26+00:00

La Terapia Breve Strategica è indicata, in primo luogo, per tutti i disturbi psicologici fortemente impedenti, ovvero caratterizzati da una sintomatologia acuta e invalidante, quali i disturbi fobico-ossessivi (ansia, attacchi di panico, fobie, ossessioni, compulsioni, ipocondria), i disordini alimentari (anoressia, bulimia, sindrome da vomito, binge-eating), la depressione, i problemi sessuali (maschili e femminili).

L’intervento strategico appare estremamente efficace anche nell’affrontare i più frequenti problemi di ordine relazionale (problemi sentimentali o di coppia, problemi di relazione genitori-figli, difficoltà a livello interpersonale), blocchi di performance nel lavoro e nello studio, problemi scolastici, problemi dell’età evolutiva.

Quanto dura una Psicoterapia?2018-04-21T13:21:47+00:00

Per definizione, la terapia breve strategica è un intervento psicoterapico focale breve, che mediamente non supera le 20 sedute. L’esatta durata della terapia varia a seconda delle specifiche situazioni e problematiche. Nella maggior parte dei casi tale forma di intervento induce i primi cambiamenti già a partire dalle prime sedute. I primi sostanziali miglioramenti del problema presentato (se non la sua totale soluzione) devono avvenire entro le prime 10 sedute.

Le sedute sono settimanali?2018-04-21T13:32:30+00:00

Nelle prime fasi del trattamento, le sedute possono essere a cadenza settimanale o quindicinale, a seconda del tipo di problema presentato e delle esigenze della persona stessa. Una volta ottenuto lo sblocco del disturbo, ovvero il primo sostanziale miglioramento, le sedute vengono ulteriormente distanziate per permettere alla persona di sperimentare le ritrovate risorse e capacità nella vita quotidiana, senza che venga a crearsi una forte dipendenza dal terapeuta. La terapia ha termine con 3 controlli (follow-up) condotti a distanza di 3 mesi, 6 mesi e 1 anno dalla fine della terapia, per verificare il mantenimento del risultato nel tempo.

Quanto dura una seduta?2018-04-21T13:32:54+00:00

La durata di una seduta non è mai predeterminata, ma varia di volta in volta a seconda delle diverse esigenze della persona in terapia, della fase di trattamento in cui si trova e del tipo di problema presentato. La durata di una seduta può dunque variare da un’ora o più (nei primi incontri) fino a 20 minuti (generalmente nelle fasi avanzate del trattamento), a seconda della valutazione del terapeuta riguardo all’avvenuto raggiungimento degli obiettivi di ciascun incontro. Anche per quanto riguardo la durata della seduta, dunque, l’unica linea guida fondamentale seguita dal terapeuta appare l’estrema flessibilità, ma sempre guidata da specifici obiettivi prefissati e concordati.

I risultati sono duraturi nel tempo?2018-04-14T16:56:30+00:00

I risultati delle ricerche effettuate su oltre diecimila casi che si sono sottoposti alla terapia breve strategica negli ultimi venticinque anni hanno mostrato non solo un’elevata efficacia dell’intervento valutata alla fine del trattamento (positiva nell’87% dei casi con una durata media della terapia al di sotto delle 10 sedute), ma anche e soprattutto il mantenersi di tali risultati nel tempo, come emerso chiaramente dai follow-up condotti generalmente a distanza di tre mesi, sei mesi e un anno dalla fine della terapia (Castelnuovo et al., 2013 in Dizionario Internazionale di Psicoterapia, Garzanti, Milano).

La Terapia Breve Strategica prevede l’utilizzo di farmaci?2018-04-14T16:56:56+00:00

La terapia breve strategica è un intervento di tipo psicoterapico e, come tale, non prevede farmaci. Qualora il paziente arrivasse con una cura farmacologica in corso, sarà preoccupazione del terapeuta giungere – negli ultimi stadi della terapia – a metterlo in grado di interrompere completamente l’utilizzo. Questo avviene, generalmente, in tutti i casi di disturbi d’ansia (ansia generalizzata, attacchi di panico, ossessioni, compulsioni, agorafobia e altre fobie), disordini alimentari o depressione reattiva, quando giungono in terapia con una cura farmacologica in corso. In questi casi, liberare la persona dalla dipendenza dal farmaco rappresenta uno dei compiti principali del terapeuta e un aspetto fondamentale per potere dichiarare la terapia conclusa efficacemente.

Vorrei iniziare una Psicoterapia, ma ho letto dei testi di terapia strategica in cui erano descritte alcune tecniche e manovre di intervento. Conoscere tali tecniche può in qualche modo ostacolare il mio percorso terapeutico?2018-04-14T16:57:17+00:00

Conoscere le manovre strategiche non rappresenta in alcun modo un ostacolo per l’efficacia dell’intervento. Nella maggioranza dei casi, al contrario, l’essere già a conoscenza del tipo di impegno che potrà venire richiesto durante la terapia strategica o dell’effetto che alcune tecniche possono sortire, rappresenta un agevolatore del cambiamento terapeutico.

La Terapia Strategica è una terapia puramente sintomatica? E se sì, c’è il rischio che una volta risolto un sintomo si vada incontro a sintomi sostitutivi?2018-04-14T16:57:44+00:00

La Terapia Breve Strategica si occupa, da una parte, di eliminare i sintomi o i comportamenti disfunzionali per i quali la persona è venuta in terapia, dall’altra, di produrre il cambiamento delle modalità attraverso cui questa costruisce la propria realtà personale e interpersonale.

In altri termini, l’obiettivo è produrre dei cambiamenti nella percezione della realtà della persona e non solo nelle sue reazioni comportamentali, in modo da spostare il suo punto di osservazione dalla posizione originaria, rigida e disfunzionale, ad una prospettiva più elastica e con maggiori possibilità di scelta. La Terapia Breve Strategica rappresenta, dunque, un intervento radicale e duraturo e non una terapia meramente sintomatica, per cui una volta risolto il problema portato in terapia, non si sviluppano sintomi sostitutivi.

In questo momento della mia vita sto affrontando invano una serie di problemi correlati fra loro che mi stanno travolgendo. Nonostante la mia situazione sia molto complessa, posso intraprendere con beneficio una Terapia Strategica Breve?2018-04-14T16:58:15+00:00

Quando la situazione problematica si presenta complessa e sfaccettata, in cui differenti problemi si sommano e si aggravano reciprocamente, il compito del terapeuta strategico è quello di individuare, insieme al cliente, delle priorità di intervento su cui focalizzare le prime manovre del trattamento. Mediante la logica del “si conosce cambiando”, il terapeuta guiderà la persona ad affrontare gradualmente tutti gli altri aspetti della situazione problematica, fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi concordati all’inizio della terapia.

Un mio familiare ha dei problemi che potrebbero essere risolti con l’approccio strategico, ma non vuole rivolgersi ad uno specialista. Cosa posso fare?2018-04-14T16:58:40+00:00

Accade molto spesso che le persone affette da determinati disturbi, come ad esempio disordini alimentari, depressioni o particolari difficoltà relazionali, rifiutano di rivolgersi ad uno specialista o appaiono estremamente resistenti a qualsiasi tipo di intervento. In questi casi la famiglia, se adeguatamente indirizzata, può svolgere un ruolo determinante nel trattamento del disturbo.

In questi casi, il terapeuta strategico è solito fare un primo colloquio con i familiari o con le persone vicine a colui che ha il problema, valutando con loro la situazione e il possibile intervento. Il terapeuta potrà dare indicazioni concrete su come cercare di coinvolgere la persona nella terapia, oppure su come comportarsi in relazione alla persona e al disturbo in questione, ricorrendo in tal modo ad una forma di terapia indiretta. Conclusa questa prima fase, può accadere che il paziente designato decida di entrare in terapia. Negli altri casi la terapia procede solo in maniera indiretta.

Ritengo di avere un problema non particolarmente impedente o grave, ma sento comunque la necessità di consultare uno psicologo. Devo intraprendere un percorso di psicoterapia o esistono anche altre forme di intervento strategico?2018-04-14T16:59:55+00:00

Per risolvere un problema non sempre è necessario intraprendere una psicoterapia. Nei casi di problemi non particolarmente acuti e pervasivi, il terapeuta strategico può proporre un intervento di consulenza breve strategica piuttosto che una vera e propria terapia. La consulenza breve risulta essere particolarmente indicata quando si ha a che fare con disturbi definibili come “non impedenti”, ovvero problemi che pur limitando in modo circoscritto le opportunità di un individuo, non ne ostacolano la vita quotidiana.

I disturbi non impedenti comprendono differenti categorie: problemi di coppia o sentimentali; difficoltà nelle relazioni interpersonali; problemi di relazione genitori-figli; problemi scolastici; blocchi della performance; sintomatologie potenzialmente impedenti ma non ancora strutturate. La consulenza breve (solitamente al di sotto delle 5 sedute) è indicata per tutti coloro che intendono trovare soluzioni rapide a difficoltà che vengono vissute in un dato momento della propria esistenza, come insuperabili senza un valido aiuto esterno.

Attualmente sto vivendo un momento particolarmente difficile della mia vita; mi sento così confuso da non riuscire ad identificare uno specifico problema su cui lavorare. Può essermi d’aiuto una Terapia Breve Strategica?2018-04-14T17:00:24+00:00

Talvolta può accadere che una persona si senta talmente confusa e sofferente da non riuscire a definire chiaramente il proprio disagio. In questi casi è compito del terapeuta guidare la persona a identificare con chiarezza il problema che lo affligge concordando gli obiettivi da raggiungere. Presupposto fondamentale per poter intraprendere una psicoterapia è dunque quello di concordare uno o più obiettivi su cui lavorare, anche in assenza di una chiara definizione del problema.

I problemi di coppia possono essere trattati solo in coppia?2018-04-14T17:00:48+00:00

Sebbene la Terapia Breve Strategica lavori anche con le coppie, vedendo entrambi i partner in seduta, buona parte di questi problemi relazionali può essere affrontata mediante un lavoro terapeutico condotto sul membro della coppia che dichiara di vivere un disagio senza necessariamente coinvolgere il partner nella decisione. Sarà compito del terapeuta analizzare il tipo di problema manifestato e valutare se sarà possibile o addirittura preferibile condurre la terapia con uno solo dei membri della coppia, o se sarà invece necessario coinvolgere in qualche modo l’altro partner almeno in qualche fase del trattamento.

Si può fare Psicoterapia ad un bambino?2018-04-14T17:01:12+00:00

Da un punto di vista strategico, portare in consultazione psicologica un bambino lo si considera un evento potenzialmente dannoso. Difatti, oltre a dar vita ad un pericoloso processo di “etichettamento diagnostico”, l’essere in cura da uno psicologo rischia di far sentire il bambino “anormale”, “cattivo” o comunque “diverso”. Questo potrebbe avere conseguenze negative sul suo sviluppo psicologico.

Oltre a ciò, quando si ha a che fare con bambini al di sotto dei 12-13 anni (prima della pre-adolescenza), la leva più vantaggiosa per produrre un cambiamento appare la famiglia stessa, piuttosto che la figura esterna del terapeuta, attraverso una terapia indiretta condotta con i genitori.

Grazie a concrete indicazioni di comportamento, i genitori saranno eletti co-terapeuti e guidati dal terapeuta a modificare determinati atteggiamenti (ovvero le loro “tentate soluzioni”) che porteranno alla risoluzione del problema presentato dal figlio, senza che sia necessario vedere il bambino in seduta nemmeno una volta.

Nostro figlio/a ha problemi che richiedono l’intervento di uno specialista, ma si rifiuta di intraprendere una terapia. Cosa possiamo fare?2018-04-14T17:01:34+00:00

Talvolta succede che i genitori rilevino segnali preoccupanti nel proprio figlio/a che inducono a ritenere utile un intervento psicoterapico o una consultazione psicologica. Accade, però, frequentemente che i figli, soprattutto nell’età dell’adolescenza o nella prima età adulta, rifiutino di accettare l’esistenza di un problema e, di conseguenza, di consultare uno specialista. Questo accade spesso nell’ambito dei disordini alimentari (anoressia, bulimia, vomiting e binge-eating), in cui la figlia nega di avere alcun tipo di problema con il cibo, ma anche relativamente a problemi di tipo fobico-ossessivo (ansia, compulsioni, fobie, etc.), relazionale (difficoltà a relazionarsi con i pari, aggressività verso i familiari, etc.) o depressivo. Possiamo considerare in questa categoria anche tutti i casi di difficoltà scolastiche o relazionali con i genitori che, sebbene meno allarmanti da un punto di vista diagnostico, sono comunque causa di sofferenza e disagio in famiglia.

Quando questo si verifica, il terapeuta è solito fare un primo incontro con i genitori e valutare con loro se il problema richieda un intervento psicoterapico e, se si, di quale tipo. Lo specialista potrà dare indicazioni concrete ai genitori su come comportarsi con il figlio/a che manifesta il problema, ricorrendo in tal modo ad una forma di terapia indiretta, oppure dare indicazioni e suggerimenti su come cercare di coinvolgere il figlio/a nella terapia.

Accade spesso che un intervento inizialmente indiretto, condotto solo attraverso i genitori, si trasformi in un secondo momento in un intervento misto, ovvero condotto sui genitori e sul figlio, il quale appare più disposto ad entrare in terapia sulla scia dei cambiamenti messi in atto dai genitori.

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Dott.ssa GIORGIA FABBRI

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